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Altri su Sciascia dalla N alla Z

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Altri su Sciascia dalla N alla Z

TESTIMONIANZE dalla N alla Z

 

 

 

GIULIO NASCIMBENI
(Sanguinetto VR 1923 - 2008  /  Giornalista e scrittore)
Sciascia continuò a scrivere, a dispetto dei sintomi sempre più laceranti della malattia che lo avrebbe condotto alla morte. Nel nostro ultimo incontro, Sciascia camminava lentamente appoggiandosi ad un bastoncino nero. Accendeva, una dietro l’altra, le predilette sigarette inglesi “Benson & Hedges”. Pur essendo anch’io un fumatore, mi parve che esagerasse e glielo dissi. Con quella sua voce timida e sottile, mi replicò: E tu riesci a scrivere senza fumare?

(Corriere della Sera, 21 novembre 1989)


GIANNOLA NONINO

(Imprenditrice friulana, Cavaliere del Lavoro, contitolare della distilleria Nonino di Percoto, fondata nel 1897. Insieme al marito Benito, tra i soci fondatori dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia)
(Leonardo Sciascia e la famiglia, ndr) Rimasero a Percoto oltre due mesi, e per noi fu un’estate indimenticabile. Vivevano nella mia casa paterna: un’abitazione grande e fresca, con un bel giardino e l’orto, a loro completa disposizione. Si sentirono immediatamente di casa, e fra Leonardo e Benito (marito della Sig.ra Giannola, ndr) nacque un’affinità particolare. Al mattino Leonardo scriveva, il pomeriggio andava alla scoperta della nostra terra con la moglie e i nipoti. Molto spesso alla sera cenavamo assieme in giardino. Chi cucinava non era Maria (la moglie di Sciascia, ndr) bensì Leonardo […] Nel “rifugio” friulano vennero a trovarlo molti amici, fra i quali ricordo con grande piacere Emanuele Macaluso, Ferdinando Scianna e l’amico Matteo Collura. Una serata indimenticabile fu quella in occasione della visita di Claudio e Marisa Magris. Dopo cena Leonardo e Claudio conversarono per molte ore della grande letteratura del Novecento. Tuttora mi dolgo di non aver registrato quello splendido colloquio di questi due grandissimi maestri.

(Intervista di Lisa Gasparotto in Leonardo Sciascia e la Jugoslavia, a c. di Ricciarda Ricorda, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2015 - Pag. 173)

 


MARCO NOZZA
(Caprino Bergamasco BG 1926 - Milano 1999  /  Giornalista, scrittore)
Si poteva anche non essere del suo parere. Ma non si poteva non rispettare la statura morale dell’uomo. Ci scuoteva. Ci teneva svegli. Era – ormai – la “coscienza” del Paese. Il suo libro, contestatissimo, sull’“affaire Moro”, Sciascia l’aveva fatto precedere da questa epigrafe di Elias Canetti: “La frase più mostruosa di tutte: qualcuno è morto al ‘momento giusto’ ”.  Leonardo Sciascia (il “Voltaire di Sicilia”, come lo chiamavano in Francia)  ci lascia – tutti – nel momento più sbagliato proprio mentre le insidie dell’anti-ragione incombono, sottili, perverse. Il suo testamento l’ha affidato all’ultimo libro, un’operetta scarna, di poche pagine. Si intitola “Una storia semplice”. L’ha scritta quest’estate, in pochi giorni, in un ospedale di Milano, battendo a macchina con un solo dito, con la malattia che lo incalzava.

(Il Giorno, 21 novembre 1989)


MASSIMO ONOFRI
(Viterbo 1961  /  Saggista e critico letterario)
L’intero universo narrativo e saggistico di Sciascia, dai suoi primi scritti alle celebri “Parrocchie di Regalpetra” (1956) a “Una storia semplice”, che assume i segni di un testamento etico e morale, emerge il profilo di uno scrittore ossessionato dall’irrazionalità del male, del meccanismo del potere, radicalmente scettico seppure non privo di religiosità. Legato come pochi altri alle vicende letterarie e civili del nostro paese.


PIERO OSTELLINO
(Venezia 1935  /  Giornalista)
… Sciascia non è solo un uomo libero. È anche soprattutto un uomo che difende la propria autonomia di pensiero, come i grandi moralisti francesi del Settecento. […] Sciascia è di un’altra pasta rispetto ai suoi detrattori, ai chierici del “pensiero totalizzante”. E per questo noi lo amiamo oggi come lo abbiamo amato ieri.

(in Il Maestro di Regalpetra di Matteo Collura, Longanesi, Milano 1996)


MAURIZIO PADOVANO
(Bagheria PA  /  Scrittore, insegnante di lettere)
Si sa che Sciascia, prima di essere un grande scrittore, è stato un grande, grandissimo lettore (e se tra le due cose non c’è, ovviamente, relazione di causa-effetto, non si può negare però che, negli esempi migliori, lettore e scrittore si fondano in un’unica erma bifronte). E da lettore attento e raffinatissimo ha fatto tesoro del monito borgesiano a crearsi i propri antecedenti, il proprio personale pantheon con nicchia (vuota) ritagliata su misura. Ma ha fatto anche altro: col semplice palesare le sue preferenze, ha innalzato anche un pantheon di scrittori a lui contemporanei o quasi, dal quale è inevitabilmente rimasto fuori chi del suo silenzio, o della sua scarsa attenzione, è stato oggetto.

(Segno mensile, direttore Nino Fasullo n.209 , L. Sciascia luomo che non si stancò di ragionare, Palermo 1999)


LANFRANCO PALAZZOLO
(Roma 1965  /  Giornalista di Radio Radicale)
Sono pochi gli intellettuali italiani eletti in Parlamento che hanno lasciato una traccia significativa negli archivi delle Camere, e Leonardo Sciascia è uno di essi.  Lo scrittore siciliano, forse più di tutti, ha consegnato alla storia italiana una riflessione profonda sulla crisi politica vissuta dal nostro Paese tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, testimonianza di un impegno che altri intellettuali hanno preferito eludere.

(Leonardo Sciascia deputato radicale 1979-1983, a c. di Lanfranco Palazzolo, Milano, Kaos Edizioni 2004)


GENO PAMPALONI (1979)
(Roma 1918 - Firenze 2001  /  Giornalista e scrittore)
E direi che lo Sciascia scrittore poliziotto, l’accanito pubblico accusatore delle colpe dei politici, è anch’egli uno scrittore dell’innocenza. È questo il suo paradosso cristiano che fa coinvolgente ogni sua pagina, vi nasconde un seme di allarme e di verità anche là dove ci sentiamo riluttanti a seguirlo nei suoi argomenti più deboli.

(Il Giornale, 21 novembre 1989)


GIUSEPPE PANELLA
(Benevento 1955  /  Docente nella Scuola Normale Superiore di Pisa)
Tutta l’opera di Sciascia si basa su questo assunto fondamentale: dare possibilità di espressione e di parola libera, aperta, senza timori e preclusioni alla verità dei fatti, che, se non è mai verità assoluta, quella che neppure Cristo seppe esibire compiutamente a Pilato, è l’unica cui gli uomini possano attingere.

(Segno mensile, direttore Nino Fasullo n.209 , L. Sciascia luomo che non si stancò di ragionare, Palermo 1999)


MARCO PANNELLA
(Teramo 1930 / Politico radicale, giornalista)
Sciascia è stato, è il più intelligente degli europei della politica e nella politica. Egli ha immortalato l’aberrazione mafiosa, per primo e praticamente solo, nella nostra letteratura e anche nella nostra vita civile. Con Sciascia ci lascia un uomo d’altri tempi, speriamo futuri.

(Notizie Radicali, 26 novembre 1989)

 

MICHELE PANTALEONE
(Villalba CL  1911 - Palermo 2002  /  Saggista, giornalista e sociologo)

La morte di Leonardo Sciascia, "Nanà" per i suoi amici, mi colpisce come se l'affettuoso amico e compagno di così numerose lotte, fosse stato una parte di me. Ci siamo conosciuti quarantasette anni fa, nel 1942 a Caltanissetta ove ci riunivamo nella libreria di Salvatore Sciascia ed eravamo un gruppo di affettuosi amici e parlavamo soprattutto del pericolo della guerra, della grave responsabilità della classe dominante, del rischio che stavamo correndo tutti. [...] L'ultimo incontro l'ho avuto nei primi di quest'anno: era sofferente, amareggiato perchè si era reso conto che avevamo, io e lui, sparato pallini delle allodole su ippopotami, e la battaglia da lui fatta era la battaglia di chi non aveva più nemmeno il consenso dei cosiddetti ambienti culturali siciliani.

(Stampasera, 20 novembre 1989, poi in Servi disobbedienti di Gino Pantaleone,
Dario Flaccovio editore, Palermo, 2016 - pag. 191)

 


GOFFREDO PARISE (1979)
(Vicenza 1929 - Treviso 1986  /  Scrittore)
Di Leonardo Sciascia ho letto tutti i libri e quell’Affaire Moro che mi trova, per logica italiana, personalmente d’accordo. Li ho letti e ammirati, così come guardo con attenzione quella attività pubblica e politica molto originale che Sciascia va conducendo da alcuni anni a questa parte in modo particolarmente clamoroso. Spesso mi sono detto: Sciascia è uno scrittore politico, se scrittore, nel senso di artista, di inventore, si può dire di un politico italiano e se politico si può dire di uno scrittore…

 


ALFONSO PARISI
Penso che con la sua scomparsa, a Racalmuto si è spento un luminoso faro di luce.

(Racalmuto paese di Leonardo Sciascia, Caltanissetta 2000, pag. 180)

 


IL PARTITO RADICALE
Uno Sciascia ad uso e consumo del regime. A Racalmuto la Fondazione Sciascia ha organizzato un dibattito sul famoso articolo “I professionisti dell'antimafia” dello scrittore siciliano.
Il Corriere della Sera, La Stampa e L'Unità si affrettano a celebrare l’evento guardandosi bene, mentre ripropongono lo Sciascia comunista, dal menzionare “i peccati” e le “frequentazioni” radicali (deputato radicale dal 1979 al 1983 ed eletto al Parlamento europeo sempre nel 1979) dell’ormai “riabilitato” scrittore siciliano, offrendo una immagine totalmente travisata dello scrittore siciliano. Tocca a Sciascia la sorte beffarda già toccata a Moro, cui a Maglie è stato eretto un monumento con l'Unita in tasca, a Dossetti veltronizzato, Saragat commemorato da comunisti, post-comunisti e ulivisti, ed anche a Turati, che chiuso nella sua tomba al cimitero Monumentale di Milano e impotente a reagire, ricevette la visita di una delegazione del PDS guidata dall’ex DC e ex PSI Bassanini.

 

PIER PAOLO PASOLINI (1974)
(Bologna 1922 - Ostia 1975)
Questo romanzo giallo metafisico (scritto tra l’altro magistralmente, come diranno i critici letterali, perché “Todo Modo” è destinato a entrare nella storia letteraria del novecento come uno dei maggiori libri di Sciascia), è anche, credo, una sottile metafora degli ultimi trent’anni di potere democristiano, fascista e mafioso, con l’aggiunta finale di cosmopolitismo tecnocratico.

(in Panta n. 27, Milano, Bompiani 2009)


MICHELE PERRIERA
(Palermo 1937 - 2010  /  Scrittore e regista)
Sciascia per trent’anni era stato il profeta del pensiero laico. In nome di una morale razionale non aveva mai smesso di denunciare, nella storia e nella cronaca, la corruzione. E sempre lo aveva seguito una folla di lettori, di giornalisti, di politici. Per trent’anni essi ne avevano condiviso i giudizi e gli umori; ne avevano esaltato la lungimiranza; erano corsi da lui come alla fonte morale di ogni civile “cambiamento”. La sua percezione del mondo era divenuta, nel variegato orizzonte laico, una stella polare. E le sue opinioni – che interpretavano spesso fulmineamente gli umori più diffusi – si diffondevano ogni volta come per contagio.

Leonardo Sciascia era lui stesso vicino a morire quando scriveva “Il cavaliere e la morte”.
Appena un anno e si sarebbe spento. Nel 1988, quando narrava gli ultimi giorni del Vice – il protagonista del racconto – era lui stesso tormentato da dolori lancinanti, anche lui sapeva forse che il suo male era incurabile. E certo era molto deluso e già estenuato dal clima politico italiano, che di sicuro sentiva saturo di inganni e aberrazioni.
Anche lui, dunque, come il Vice si sentiva “sbarcato in un’isola deserta”. Il grande cavaliere di una scrittura consacrata al sociale soffriva anche lui di una fredda e sdegnosa solitudine. Anche lui, come il Vice, si ritrovava in un bosco spiritato dove il mondo degno d’essere vissuto appariva quanto mai remoto e irraggiungibile. Lui Leonardo Sciascia, il più amato fra gli scrittori italiani del secondo novecento; l’unico che potesse contendere a D’Annunzio il primato del più ammirato del secolo.

(Segno mensile, direttore Nino Fasullo n.209 , L. Sciascia luomo che non si stancò di ragionare, Palermo 1999)


FAUSTO PEZZATO
(Giornalista)
Pessimista illuminato, dissenziente fisiologico, oppositore per vocazione, oggi si accumulano sul cadavere ancora caldo di Leonardo Sciascia, assieme ai grandi meriti letterari che gli spettano, anche riconoscimenti che potrebbero stravolgere il senso della sua vita e della sua opera. Pur considerando le esigenze della liturgia, il Palazzo dovrebbe contenere le proprie emozioni e resistere alla tentazione di trasformare Sciascia morto in ciò che davvero non fu: uno scrittore di regime.

(La Nazione, 21 novembre 1989)


GUIDO PIOVENE (1963)
(Vicenza 1907 - Londra 1974  /  Scrittore e giornalista)
La parte più compatta delle “Parrocchie di Regalpetra” è quella intitolata “Cronache Scolastiche”.
Questo blocco di pagine, in cui non soltanto, lo stato di abiezione fisica, ma anche l’indigenza morale dei piccoli allievi è detta e documentata calcandovi per farne un capo d’accusa alla “Italia ufficiale”, sono certo tra le migliori, più sincere e più energiche, uscite in Italia dopo la guerra.


ONOFRIO PIRROTTA
(Palermo 1941 -Tricesimo UD 2012  /  Giornalista)
Era un uomo molto generoso, Nanà. Non permetteva mai a nessuno di pagare i pranzi da Fortunato. Certo coi soldi delle sue opere e dei suoi articoli ci viveva e cresceva bene le sue figlie. Ma non era attaccato al denaro. Anzi: riteneva “scandaloso” che il “Corriere della Sera” lo pagasse un milione , un milione e mezzo di lire, per un elzeviro. Tanto era disinteressato, Leonardo, che pochi mesi prima di morire rifiutò un’offerta di ben cinque miliardi di lire dalla Mondadori per la cessione dei suoi diritti d’autore. “No – aveva risposto lo scrittore – preferisco continuare a pubblicare liberamente dove mi sembra opportuno. Non è una questione di soldi”.
Fumava come un turco, una sigaretta via l’altra, Benson & Hedges (se gli si chiedeva quanti pacchetti al giorno, rispondeva: “Non lo so”, ed era vero. Non riusciva a tenere il conto). Cominciò a fumare a sedici anni, per farsi notare da una ragazzina (bionda esile, con le treccine) per la quale aveva preso una cotta. Poi continuò perché era un gran timido, e come si sa le sigarette aiutano. E non smise più.
Ci manca Leonardo Sciascia. Sono vent’anni che ci manca, chissà cosa avrebbe detto, cosa avrebbe scritto, l’eretico, l’anticonformista, il grande scrittore europeo delle terribili vicende di tangentopoli e dei suicidi a ripetizione degli indagati. E dell’avvento di  Berlusconi. E della fine dei comunisti, che non si chiamano più così e per sopravvivere hanno fondato un nuovo partito con i cattolici ma non riescono a trovare né una linea politica né un leader degno di questo nome. E Berlusconi è davvero un uomo pericoloso addirittura come Mussolini?  E oggi la libertà di stampa è davvero in pericolo? Ed è giusto o sbagliato guardare dal buco della serratura del Presidente del Consiglio? Con la sua autorevolezza, con il suo indiscusso magistero, sono sicuro che almeno ci avrebbe aiutato a diradare le nebbie in cui siamo avvolti da tempo.
Ciao Nanà.
Voglio chiudere questa nota con una sua poesia, brevissima e leggera come un haiku:
LA FONTANA E LA LUNA?
La fontana ha chiamato le case
A un sonno lieve
E la luna
All’amore della fontana
(da “La Sicilia, il suo cuore”, Bardi - Roma 1952)


DOMENICO PORZIO
(Taranto 1921 - Cortina d’Ampezzo 1990 / Scrittore e critico letterario)
Il valore dell’uomo sempre riflesso nell’opera, aveva fatto di lui uno dei più grandi scrittori del nostro tempo. Oltre alla sua straordinaria intelligenza narrativa, il suo più grande merito è certamente quello di avere trasformato il racconto poliziesco, che è una delle forme narrative più moderne, in arringa politica e morale. Proprio questa straordinaria invenzione, ha fatto di lui uno scrittore internazionale.

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 21 novembre 1989)


GIAN PAOLO PRANDSTRALLER (1964)
(Castello di Godego TV 1926 / Docente universitario, scrittore e critico letterario)
Leonardo Sciascia è uno dei pochi scrittori contemporanei per cui l’intellettuale abbia, nel racconto, una funzione positiva.  Ed in ciò il nostro autore va, si può dire, à rebours rispetto alle grandi correnti letterarie dell’irrazionalismo e dell’esistenzialismo che hanno ridotto l’intellettuale ad accettare la propria impotenza.

(in Leonardo Sciascia di L. Cattanei, Firenze, Le Monnier 1980, pag. 176)


ELDA PUCCI
(Trapani 1928 - Palermo 2005  /  Sindaco di Palermo dal 1983 al 1984)
Sciascia amò disperatamente la Sicilia e ne divenne la voce, la testimonianza sofferta, al punto di esporsi a giudizi lesivi della sua  dignità: era un libero pensatore, abituato a discutere senza remore, non immaginava che il degrado fosse tale da considerare una opinione qualcosa da colpire ed emarginare da mettere al rogo. Con l’assenza di Sciascia, la Sicilia non ha più la sua voce della coscienza.

(Il Giornale di Sicilia, 21 novembre 1989)


IVAN PUPO
(Critico letterario, ricercatore di Letteratura Italiana contemporanea nell’Università della Calabria)
Per capire l’opera di Sciascia nella ricchezza delle sue implicazioni, non si può fare a meno di tener conto della sua collaborazione a piccole e grandi testate, di una folta pubblicistica solo in parte confluita in volume, trascurata, se non del tutto ignorata dalla critica.


PHILIPPE RENARD
(Scrittore francese)
Dal 1956 Sciascia scrive libri che sono la metafora dei problemi siciliani, italiani ed europei, problemi che si pongono a lui e ai contemporanei, e la sua visione si amplia e si approfondisce via via, da un’opera all’altra. I tormenti dei letterati su ciò che si deve dire, o che non si deve dire, nella repubblica delle lettere, non lo preoccupano, per cui nel suo paese è diventato - col suo dubbio sistematico - un sistematico “guastatore”, in modo forse più serio di quanto non lo sia stato Pasolini, visto che rifugge da ogni atteggiamento da cui possa trarre vantaggio.

(in Leonardo Sciascia, la memoria, il futuro - Almanacco Bompiani 1999, a c. di Matteo Collura, Milano Bompiani 1999)


BARTOLOMEO ROMANO
(Palermo 1964  /  Giurista, ordinario di diritto penale università di Palermo)
Di fronte a uomini come Leonardo Sciascia, l’università si trova quasi a disagio ed in imbarazzo: Sciascia non si laureò mai, ma ora le sue opere sono oggetto di studio da parte di professori e studenti.


LALLA ROMANO
(Demonte CN  1906 - Milano 2001  /  Scrittrice)
Era un sostegno pensare che esisteva, non solo per la sua arte, grandissima, ma per la sua moralità, per l’intelligenza.  Sciascia aveva una linea di purezza, e oggi, purtroppo si può dire così di pochi. Ci siamo incontrati alcune volte, di rado, ma ne ho ricordi bellissimi. E oggi che non c’è più, non parla più… Provo un dolore indicibile.

(L’Ora, 21 novembre 1989)


FRANCESCO ROSI
(Napoli 1922  - Roma 2015  /  Regista e sceneggiatore)
Quando un uomo lascia il vuoto che ha lasciato Leonardo Sciascia come creatore, come pensatore, come riferimento morale, come amico, per chi lo ha conosciuto da vicino e lo ha amato e ne ha sentito la presenza affettuosa in tante occasioni, una Mostra (fotografica su di Lui) come questa è il modo più giusto per continuare a sentirselo accanto vivo e immortale. Sciascia ci ha raccontato vent’anni fa, tutto quello che sta succedendo oggi.

(in La Sicilia, il suo cuore, Fondazione Leonardo Sciascia, Palermo 1992, pag. 51)


OTTAVIO ROSSANI
(Sellia Marina CZ 1945 / Storico e scrittore)
Lo dico con il maggiore distacco possibile, ma per mia necessità. Ho amato Leonardo Sciascia quando era  vivo, come uomo con i suoi carichi silenzi, per le sue traumatiche riflessioni, con la sua dolente, elegante e tagliente ironia. E come scrittore: secco ed essenziale, semplice e razionale, realistico ma anche evocativo e metaforico. Sempre più limpido un libro dopo l’altro.

(Leonardo Sciascia, Rimini, Luisè 1990, pag. 11)

 

ROBERTO ROVERSI
(Bologna 1923 – 2012  / Scrittore, poeta, giornalista e libraio)
[...]
Sto leggendo il tuo libro (Le parrocchie di Regalpetra, ndr), che amabilmente mi hai fatto spedire dalleditore; e lo trovo sorprendente, vivo: un libro, direi, di carne e di sangue; e non di fango. E poi scritto con l’arte che “fa vedere” e intanto, anche, capire. Sono al punto dello “scioglimento del consiglio comunale” e mi par d’essere nel vivo di una azione vera, alla quale anch’io “debbo” partecipare. Non so se riesco a farmi intendere. Desidero che tu senta in che modo leggo, e come il mio giudizio non sia amichevole o convenzionale, ma autentico.
Hai scritto un libro assai bello (posso dirlo fin d’ora) e, soprattutto, utile. (E questo, questo, solo questo conta, oggi: per tutti).

(Lettera datata Bologna, 20.3.1956 - in Roberto Roversi - Leonardo Sciascia, Dalla Noce alla Palmaverde, a c. di Antonio Motta, Pendragon, Bologna 2015 - Pag. 150)


GIAMPAOLO RUGARLI
(Napoli 1932 - Olevano Romano RM 2014  /  Scrittore)
Non seccherà più. Spero di no, ma è possibile che questo impietoso pensiero abbia sfiorato la mente dei tanti avversari di Leonardo Sciascia, adesso che i suoi occhi si sono chiusi per sempre.
Nessuno come Lui è riuscito ad attirarsi tante ostilità e, quel che è più sorprendente, a volta a volta nel campo che, in occasione della precedente sortita, sembrava gli fosse favorevole: forse era affetto da inguaribile spirito di contraddizione o forse tentava di essere semplicemente un uomo libero e imparziale, un giusto. Ma si sa, questa professione da noi è quasi sconosciuta.

(Corriere della Sera, 21 novembre 1989)


CARLO SALINARI
(Montescaglioso MT 1919 - Roma 1977  /  Docente universitario e critico letterario)
Leonardo Sciascia è, a mio parere, il migliore narratore italiano della generazione di mezzo (quella per intenderci che ha da poco superato i quarant’anni) e per di più è l’unico a non mostrare segni di stanchezza o di involuzione. Questo probabilmente si deve al fatto che ha continuato per la sua strada senza lasciarsi fuorviare dalle noie, senza temere di non restare sulla cresta dell’onda perché estraneo a certi chiassosi circoli letterari. (1966)

Le componenti della ispirazione di Sciascia sono diverse: predomina la ironia, con la quale egli segue i fenomeni di trasformismo tipici della società italiana (e meridionale in specie) nei periodi di trapasso e l’ondeggiare e il formarsi delle opinioni del ceto-medio piccolo-borghese… Accanto a questa componente ironica –  e intrecciata con essa – vi è la simpatia umana per la sua terra e la povera gente e i costumi e i pregiudizi e i sacrifici e le semplici gioie del popolo. E infine uno scontroso pudore per gli affetti più intimi, un pessimismo fondo che pure nasconde una speranza, un ideale di uomo fatto di coscienza, di serietà, di severità morale, di sobrietà nel comportamento…

(Giudizio critico del 1960 sui quattro racconti de Gli zii di Sicilia, poi in Leonardo Sciascia e la Jugoslavia, a c. di Ricciarda Ricorda, Leo S. Olshki editore, Firenze 2015 - Pagg. 179-180)


GIUSEPPE SALTINI (1978)
(Borgo Giannotti LU 1942 - Roma 2010  /  Scrittore)
… Avanza il nostro uomo di lettere con un tomo di Voltaire nella sinistra e le massime di Charles Auguste Dupin infilate nel panciotto. Abile discendente dell’illuminismo, procede nella verbosa foresta di segni, attento ad ogni singola parola e allocuzione, soppesando gli incisi, rilevando contraddizioni, in breve aprendosi un varco tra le più infide, spesso interessate interpretazioni (di quei comunicati e quelle lettere)… A conferma della propria immagine Sciascia qui si vuole scrittore ancora più aguzzo e civile, proteso a valutare il peso di concretezza contenuto nei fatti, di proposito distorti da strumentalizzazioni assai perverse, mascherati da imprevidenti e frettolosi commentati.


PIERO SANAVIO
(Padova 1930  /  Scrittore, saggista)
Scriveva i suoi libri l’estate perché diceva, «è la sola stagione in cui mi lasciano in pace».
La consuetudine era cominciata negli anni in cui era ancora costretto alle “corvées” dell’insegnamento,  maestro contraddittorio, tormentato: sapendo ciò che succedeva ai suoi alunni, quando uscivano da scuola. Che se ne facevano quei figli di mezzadri o calzolai, senza futuro, dell’“Iliade e l’Odissea”, delle storie della patria unità, di tutta la retorica contenuta nei sussidiari?  E d’altra parte: come si faceva a non insegnare certe cose?
Le amarezze gli si dipingevano sul viso.

(Avanti!, 21 novembre 1989)


GAETANO SAVATTERI
(Milano 1964  /  Giornalista e scrittore)
Sciascia amava la sintesi, perché nell’abbondanza delle parole la chiarezza si smarrisce. Conosceva la. fatica e il rigore necessari alla sintesi e alla chiarezza, adottati anche nella sua Relazione di minoranza a conclusione dei lavori della Commissione parlamentare sul sequestro e sull’omicidio di Aldo Moro.

(“La campagna dove tornano le lucciole, malgrado tutto” in L’uomo solo. L’Affaire Moro di Leonardo Sciascia, a c. di Valter Vecellio, Quaderni Leonardo Sciascia 7, Milano, La Vita Felice 2002)

 

GIORGIO SAVIANE
(Castelfranco Veneto TV 1916 - Firenze 2000  /  Giornalista)
Leggevo Sciascia con grande interesse e ne apprezzavo anche le sue battaglie politiche perché erano compite e non esagerate come, invece, fanno certi intellettuali che vogliono farsi notare.

(La Nazione, 21 novembre 1989)


GIUSEPPE SCARAFFIA
(Torino 1950  /  Ricercatore di letteratura francese)
Il suo ultimo libro “Una storia semplice”, concepito in un soggiorno in clinica, avrebbe dovuto essere, spiegava con una punta di  nostalgia, molto più vasto e intricato. Ramificazioni contorte quanto le trame della mafia avrebbero ricoperto per lo meno trecento pagine. Poi aveva capito che non avrebbe avuto il tempo di svilupparlo a fondo e in una quindicina di giorni aveva partorito il più sobrio e terso dei suoi racconti, in cui aveva ritrovato la trasparente prosa e l’immediato trapasso della cronaca in arte delle prime opere.

(Il Messaggero, 21 novembre 1989)


JEAN NOËL SCHIFANO
(Scrittore e intellettuale francese, traduttore tra gli altri di Eco, Svevo, Savinio)
Partito da Pirandello e dalla Sicilia, Sciascia ha portato più in alto e più lontano il suo sguardo: ha ritrovato e trasporto nelle sue opere la ragione del secolo degli illuministi rischiarando, con i suoi gialli metafisico-politici, questa oscura, convulsa, catodica fine di secolo. […] «Credo – disse una volta – che la differenza tra me e gli altri, tra me e i più grandi scrittori siciliani, stia nella mia formazione assolutamente laica, e più che di formazione sarebbe meglio parlare di istinto. Io non arrivai ad aver paura di Dio e dell’inferno a dieci anni, non riuscivo ad essere fascista a quindici, quando tutti i ragazzi della mia età lo erano, e con entusiasmo; allo stesso modo non sono mai riuscito a diventare veramente comunista».

(Le Monde, 21 novembre 1989, poi in Nuove Effemeridi n. 9, Giugno 1990)

Schifano: “…E ho ripreso la mia strada verso Racalmuto, dove mi aspettava l’umanità fatta scrittore. Fino alla sua morte, Sciascia è stato per me, e fino alla mia morte lo sarà, una indispensabile luce di vita e di lettura e di scrittura. Ha saputo togliere lo zolfo cristallizzato sulle società in cui viviamo. Ci ha aperto gli occhi e l’intelligenza. Ha saputo smontare con compassione i meccanismi che ci soffocano. Dandoci mille e uno piaceri di letture.”
Falzone: “Il vostro primo incontro?”
Schifano: “Nel 1972 a Roma. L’aspettavo nella hall dell’Hotel Mediterraneo, piazza Esedra, per un’intervista. Si è fermato e ha strizzato gli occhi diffidente vedendomi camminare nella sua direzione. Quando ha sentito il mio cognome, è stato di una meravigliosa accoglienza. Mi ha sorriso e mi ha chiesto se avevo preparato delle domande. Ne avevo scritto undici. Le ha prese e mi ha detto che doveva salire in camera per deporre ciò che portava con sé. Sarebbe sceso subito. Cinque minuti dopo riappare con in mano un mazzo di fogli intestati all’albergo. Me li porge: erano le undici risposte scritte a mano con inchiostro blu e la sua bellissima calligrafia. Ho questi fogli sotto gli occhi, e mi commuovono come il primo giorno.”

Intervista di Salvatore Falzone, la Repubblica, 27 luglio 2015


FERDINANDO SCIANNA
(Bagheria PA 1943  /  Fotografo)
Tra “Il giorno della civetta” e “Una storia .semplice” passano ventotto anni, gran parte degli anni creativi della vita di Leonardo Sciascia. Vita troppo breve, sopra tutto per chi, avendolo amato, a vent’anni dalla scomparsa, non si rassegna  alla sua assenza. “Una storia semplice” è l’ultimo testo narrativo di Leonardo Sciascia, esce in libreria il giorno stesso della sua morte. Un racconto brevissimo, di quella brevità sempre più da lui perseguita in termini di asciuttezza, di densità di significati e della parola che si dilata nel cervello e nella coscienza del lettore, e ne moltiplica gli echi. Questo libro è, con “A ciascuno il suo” il terzo giallo siciliano di Leonardo Sciascia, di quella peculiare maniera di Sciascia di utilizzare il genere letterario del giallo, sovvertendolo, non più rassicurante itinerario alla fine del quale il bene, infallibilmente, trionfa sul male, l’ordine sul disordine, ma rappresentazione mediante la scrittura della verità e della giustizia che i poteri e le inquisizioni, sempre occultano e sbeffeggiano. Malgrado l’amarezza, malgrado il pessimismo, malgrado la malattia, da grande scrittore, da uomo eretico qual era, eretico di ogni chiesa, di quella comunista come di quella cattolica, con buona pace di chi, anche dopo morto, continua a tentare di annettersi.  La sola religione di Sciascia a parte quel peculiare cristianesimo che lui ha riconosciuto in Pirandello, è forse stata la ragione, ma con una punta di eresia anche in quella. C'è un paradosso in quella che, a vent’anni dalla morte di Sciascia si suole definire la fortuna di uno scrittore. Certo, continua ad essere presente, a essere letto, ma a me pare che la sua opera rimanga ancora occultata dentro un malinteso, rimossa qualche volta. Basti pensare allo spettacolare silenzio di cui, nelle recenti, verbose, confuse e spesso ipocrite rievocazioni dell’assassinio di Aldo Moro, è stato circondato il suo libro formidabile su quel delitto politico. La tuttora bruciante realtà dei problemi non risolti, specialmente nel nostro paese, che lui ha affrontato, il suo ruolo di protagonista nelle polemiche che l’hanno  accompagnato durante la sua vita, lo fanno ancora leggere e considerare, sia da chi lo ama che dai moltissimi che continuano a detestarlo. Ma purtroppo, troppo spesso, come se lui fosse stato un sociologo peggio un politico, semmai un maître à penser che ognuno cerca di tirare dalla sua parte, non il grande scrittore che è stato, che è. Bisognerà restituire Sciascia alla potenza della sua parola. Solo allora lo si farà uscire dal malinteso paradossale che ancora lo nasconde.


ALDO SCIMÈ
(Racalmuto 1924  /  Vicepresidente della Fondazione Leonardo Sciascia)
Abbiamo perduto tutti un grande amico, un sostegno, una guida. Davvero ci sentiamo più soli, a Racalmuto, alla Noce senza di lui: viene meno la voglia di andarci. Il paese, la campagna della Noce avevano per tanti di noi questo maggior  fascino, questo più forte richiamo perché c’era Leonardo, c’erano i suoi pacati discorsi, intramezzati da lunghi eloquenti silenzi. Si restava assorti ad ascoltare: non sempre ero d’accordo con i suoi giudizi, con le sue polemiche. Poi i fatti finivano per dargli ragione.  Sciascia aveva del politico la dote prima e più alta, quella di sapere cogliere con estrema razionalità l’essenza dei fatti e prevederne con altrettanto estrema lucidità gli sviluppi.  Per questo la gente lo amava: perché si sentiva aiutata a capire. Peccato che i politici di professione - tranne lodevoli eccezioni - non seppero, o non vollero comprenderlo. Se lo trovarono, magari fastidioso e ingombrante, sui banchi di Sala delle Lapidi o di Montecitorio e non capirono. Peccato. Peccato per noi e per il paese. Intendo dire per l’Italia.

(Malgrado tutto, Novembre 1989)


MARIO SCOGNAMIGLIO
(Capri 1930 - Milano 2014  /  Stampatore, bibliofilo e filosofo)
Qualche settimana dopo l’ultimo incontro che ebbi con Sciascia, il 19 novembre, dopo essermi consultato con gli altri amici bibliofili, incaricai Franco Sciardelli, noto editore di libri d’artista, amico dello scrittore, di contattare Leonardo per offrigli, a nome del consiglio direttivo dello Aldus Club, la presidenza della nuova associazione. Sapevo bene che Sciascia era in fin di vita, ma conoscendo la sua forza d’animo, la sua profonda intelligenza, ero convinto che avrebbe colto il messaggio che la nostra offerta racchiudeva, di affetto, tributato dagli amatori di buoni libri al più nobile dei loro fratelli.
La sera stessa Sciardelli telefonò a Sciascia, comunicandogli il nostro messaggio. Venne da me il giorno dopo, alle prime ore del mattino; era emozionato, aveva le lacrime agli occhi, non riusciva a parlare, “Ha accettato!” mi disse infine, e mi riferì le testuali parole dello scrittore: “Riferisci a Mario Scognamiglio e agli altri amici dell’Aldus Club che sono orgoglioso di assumere, anche se per sole ventiquattro ore, la presidenza dell’associazione”. Morì quello stesso giorno. Il 20 novembre 1989.

("Nostro presidente per ventiquattro ore", in Panta n. 27, Milano, Bompiani 2009)


MANUEL SCORZA
(Lima, Perù 1928 - Madrid 1983  /  Scrittore)
La società siciliana non ha volto, o meglio ostenta una maschera che nasconde il volto del vero potere: la mafia che è una galleria di enigmi che occultano degli enigmi… I libri di Leonardo Sciascia sono anche una galleria di misteri. In questo senso sono lo specchio meraviglioso della società siciliana, vale a dire uno specchio concluso per non mostrare altro che il mistero. Più ancora, Sciascia è uno degli scrittori contemporanei che cerca con grande insistenza, con la forza del pensiero e dello stile, di risolvere il grande mistero: trovare il volto invisibile.


PIETRO SEDDIO
(Agrigento  /  Scrittore e regista teatrale)
Leonardo Sciascia una delle voci più interessanti, presenti, pungenti che ha caratterizzato il secondo Novecento Italiano e non solo sapendosi inserire nel contesto sociale, politico, letterario con quella forza riconosciuta ai grandi del pensiero. Partendo dalla sua Regalpetra l’opera di questo scrittore siciliano, ma riconosciuto a livello internazionale, si è imposto contrastando anche con un soffuso pessimismo che lo ha accompagnato nelle varie fasi della sua stessa vita che gli ha riservato anche molte delusioni, cocenti sconfitte pur non riuscendo a fiaccare il suo spirito.


CESARE SEGRE
(Verzuolo CN 1928 – Milano 2014  /  Filologo, semiologo, critico letterario)
Sciascia non crede affatto che il mondo in cui viviamo, specie in Italia, specie in Sicilia, sia razionale e ben ordinato; non crede che le colpe siano chiaramente ripartite tra esecutori e mandanti diretti o indiretti dei crimini, e si esauriscano in loro; non crede che i criminali agiscano prevalentemente secondo logica, e pertanto dubita che al loro smascheramento la logica dia il contributo decisivo. Perciò nei suoi romanzi l’andamento desultorio delle indagini, la rivelazione di retroscena magari non direttamente determinanti, il fallimento parziale dell’inchiesta, rappresentano un percorso volto non tanto a risolvere i problemi, quanto a scoprire la capillare distribuzione di quello che, allegoricamente, possiamo chiamare il male.


GUSTAV SEIBT
(Munchen, Germania 1959  /  Storico e critico letterario tedesco)
Lo scrittore italiano Leonardo Sciascia, che è morto all’età di 68 anni, fu un entusiasta combattente per la giustizia e la ragione e per questo divenne il più famoso scrittore poliziesco d’Italia. Certamente non è corretto definire Sciascia direttamente uno scrittore “italiano”. L’ambientazione dei suoi romanzi, i soggetti dei suoi innumerevoli saggi, anche quelli letterari, sono siciliani; la mentalità e la formazione di Sciascia erano invece europee. Di preferenza citava scrittori della tradizione moralista e illuministica che alla sua terra, dal XVII secolo sempre più sprofondata al sud, erano rimasti estranei. Sciascia più tardi, fu seguace della linea scettica degli illuministi europei, di quel Voltaire che dichiarava che leggendo Rousseau vien voglia di correre carponi e di scodinzolare.

(Frankfurter Allemeine Zeitung, 21 novembre 1989, poi in Nuove Effemeridi n. 9, Giugno 1990)


ELISABETTA SGARBI
(Direttore editoriale della Bompiani)
Un brano di Savinio, che Sciascia amava molto e mi suggerì di leggere con attenzione, è intitolato Inquieti adolescenti. Vi si dice che quell’ansia che i giovani hanno di individuare sempre una meta davanti a sé, costi quel che costi, deve lasciare il passo a una meta interiore, in cui riposa la saggezza. Aveva ragione e questo, in fondo, è il vero lascito di Leonardo Sciascia: una consapevolezza critica, che poi si è trasformata in responsabilità civile, per arrivare dentro la letteratura e oltre.

(in Panta n. 27, Milano, Bompiani 2009)


VITTORIO SGARBI
(Ferrara 1952  /  Critico d’arte)
Leonardo Sciascia capiva bene, più di ogni altro e in tempi in cui non si era ancora concepita la scellerata illusione di affidare alla magistratura la soluzione dei problemi della società, che etica e politica non possono stare insieme. In questo era stato il miglior lettore di Benedetto Croce, nemico di ogni fantomatico “partito degli onesti”.

(in Panta n. 27, Milano, Bompiani 2009)


ENRICO SINGER
(Giornalista francese)
Per uno scrittore e uomo come Sciascia, che ha sempre preferito Racalmuto e la sua Sicilia a qualsiasi altra possibile “patria di adozione”, Parigi ha rappresentato forse l’unica eccezione. Non certo per la sua mondanità di certi salotti, che anzi ha puntigliosamente evitato, ma per tutto quello che la cultura illuminista francese ha significato nella sua formazione. Sciascia ha combattuto la follia, ha scommesso tutto sulla ragione. Con il sorriso di Voltaire, con il candore di Stendhal, con il paradosso di Diderot. Sono questi tre numi che hanno vegliato sul suo cuore di uomo libero e che gli hanno fatto amare la Francia. La Francia gli deve molto.

(La Stampa, 21 novembre 1989)


GIANFRANCO SPADACCIA
(Roma 1935  /  Politico e giornalista radicale)
Leonardo Sciascia è uno scrittore vivo e vitale perché si è confrontato continuamente con alcune caratteristiche fondamentali della nostra cultura, del nostro modo di concepire il potere e perché ci parla del suo strazio nel vedere l’evoluzione delle cose, dei fatti di questo di paese.

(in L’uomo solo a c. di Valter Vecellio, Milano, La Vita Felice - Quaderni Leonardo Sciascia 2002 - Pag.139)


GIOVANNI SPADOLINI
(Firenze 1925 - Roma 1994  /  Politico, storico e giornalista)
Leonardo Sciascia, intellettuale complesso e tormentato fra i più autentici di questo secolo, … non esauriva il suo estro nelle forme decisamente narrative, amava gli spunti della vita reale, i fatti di cronaca, l’indagine storica, i documenti di archivio, tutto ciò che potesse far scattare in lui una certa luce, accendere una certa fiamma.

(Il Messaggero, 21 novembre 1989)

ANTONIO SPAGNUOLO
(Napoli 1931  /  Poeta e saggista)
Reinterpretare un autore che ha lasciato una traccia indelebile della sua presenza culturale, sociale, politica, è impresa di notevole interesse e di non lieve difficoltà. Dal giornalismo al saggio, dal romanzo all’impegno politico, dall’insegnamento scolastico alla provocazione intellettuale, Sciascia ha saputo stigmatizzare uomini di potere e figure della mafia, ha saputo raccontare della sua esperienza umana e delle sue competenze professionali con una eleganza forse unica per quel che riguarda l’espressione nel testo.

(In Leonardo Sciascia cronista di scomode verità, a cura di Martino Ciano, PoetiKaten Edizioni, Sesto Fiorentino 2015, Postfazione Pag. 117)


CARMELO SPALANCA
(Docente di letteratura italiana e filosofia all'università di Palermo)
Sciascia assume un atteggiamento polemico verso la società del benessere e ne individua quale elemento inconfondibile la ricerca spasmodica dei beni materiali: non c’è “rivoluzionario” che non ambisca ad acquistare una casa e che si getti nei “debiti” per coronare il suo sogno; i grandi problemi che hanno tormentato l’umanità, dall’idea dell’Inferno all’idea dell’eternità, sono stati soppiantati dal pagamento dei mutui bancari.


ALBERTE SPINETTE
(Giornalista belga)
Tutta l’opera di Sciascia parla del potere,  della violenza che esso esercita e dell’impostura che lo dissimula. Sciascia è “assolutamente” contro: contro l'oscurantismo, contro il potere anestetizzante dell’ignoranza, contro l’inquisizione in tutte le sue forme, contro ogni tipo di dittatura. Come Manzoni o Pasolini, ma con più distanza e meno astio di quest'ultimo, egli si colloca sempre dalla parte degli infedeli, armato della sua intelligenza e della sua lucidità, dubitando di ogni certezza e soprattutto di quella che propaga dal potere costituito. […] Questo culto della ragione Sciascia lo ha ereditato dai suoi maestri del XVIII secolo, Voltaire e Diderot, Poe e Chesterton lo incantavano, Borges e Savinio – dopo Pascal – gli insegnarono a dubitare di tutto. «Sono un lettore precoce e pieno di speranze», diceva. La sua passione era l’intelligenza, un’intelligenza senza nulla di dogmatico o di odioso: la sua lunga frequentazione con Pirandello gli aveva insegnato a porre sempre più in là il senso del limite e il gioco delle apparenze.

(Le Libre Belgique, 30 novembre 1989, poi in Nuove Effemeridi n. 9, Giugno 1990)

LORENZO SPURIO
(Jesi AN 1985,  laureato in Lingue e Letterature Moderne)

Il profilo letterario del grande scrittore di Racalmuto è stato spesso circoscritto attorno alla sua densa produzione narrativa ambientata nella terra natale, ricca di fascino e di misteri, e al suo invalicabile interesse quasi documentaristico nei confronti di una piaga sociale quale la mafia. Si è studiato, cioè, Leonardo Sciascia prevalentemente come narratore o prosatore che dir si voglia e come documentarista, investigatore, esperto di mafia, tanto per evitare l’etichetta  di “mafiologo” che lui stesso rifiuto in varie occasioni.

(In Leonardo Sciascia cronista di scomode verità, a cura di Martino Ciano, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino FI 2015, Pag.101)

MARCELLO STAGLIENO
(Genova 1938  /  Giornalista, scrittore e politico)
Sciascia scrittore risentito, onesto e vigoroso, con un periodare magro e carico di sulfuree illuminazioni morali anche nell’erudizione, acutissimo nell'individuare i bersagli e sferzante sempre nel colpirli, in una produzione resa ancora più ampia, negli ultimi due anni dal disperato bisogno di “testimoniare” e di vivere per opporsi al male che lo ha sconfitto.

(Il Giornale, 21 novembre 1989)

CORRADO STAJANO (1972)
(Cremona 1930 / Giornalista e scrittore)
È da più di mezzo secolo, dai tempi della “Voce”, che un libro (Il contesto) non suscita in Italia un coro di polemiche e di discussioni fuori dai ghetti delle pagine letterarie dei quotidiani, laudatrici e trionfalistiche.


GEORGE STEINER
(Parigi 1929  /  Scrittore, saggista e critico letterario)
… siamo forse sul punto di assistere a un grande rinnovamento. Se mi avessero detto in passato che ci sarebbe stato un nuovo Stendhal, non ci avrei creduto. Eppure Leonardo Sciascia, morto quasi tre anni fa, è, secondo me, lo Stendhal dei nostri tempi.

 
MASSIMO TEODORI
(Force AP 1938  /  Storico, politico, giornalista, docente universitario)
Lo scrittore di Racalmuto, forse il più “politico” degli intellettuali del dopoguerra, non è tuttavia stato uomo di appartenenze ideologiche o di engagement, secondo i canoni sartriani della sinistra marxista europea. Sciascia ha piuttosto manifestato il suo essere politico con parole -– parche ma assai pesanti parole – e con atti e comportamenti concreti, spesso di portata apparentemente modesta (un episodio, un caso, una polemica su una semplice espressione), ma talmente acuti ed efficaci da renderlo uno dei maggiori testimoni dell’Italia del suo tempo.

(in Andrea Maori, Leonardo Sciascia. Elogio dell’eresia, Milano, Edizioni La Vita Felice 1995, Collana Porte Aperte 1)

 
EGIDIO TERRANA
(Racalmuto 1950  /  Direttore del giornale “Malgrado tutto”)
La disponibilità verso “Malgrado tutto” di Leonardo Sciascia era totale. Il titolo del nostro giornale lo affascinava. Sosteneva che contiene “una visione delle cose illuministica, diderotiana”. Indubbiamente siamo stati molto fortunati, perché abbiamo avuto il privilegio di godere del suo affetto e della sua stima. Nel 1983, quando, dopo tanti anni, il maestro Sciascia ritorna nella vecchia scuola dove ha insegnato per incontrare i colleghi di una volta, “Malgrado tutto” è l’unico giornale presente. Solo a noi è riservato, per volontà dello scrittore, l’onore di raccontare l’emozione di quell’incontro, la gioia e i momenti di commozione che lo caratterizzano. Sciascia lo conclude ricordando che il maestro non deve soltanto limitarsi ad insegnare, ma deve soprattutto essere “esempio e maestro di vita, perché è così che si ricordano i maestri e perché nella vita di ciascuno c’è sempre un maestro che ha contato”.

 
URSZULA TOPCZEWSKA
(Docente di Italianistica all’Università di Varsavia)
Sciascia legge con lenti pirandelliane anche la realtà del crimine, se lo concepisce non soltanto come male sociale, ma prima di tutto come un male esistenziale, inseparabile dalla condizione umana e invincibile anche per il detective. Di qui la falsificazione del Happy End moralistico del giallo classico.

(Leonardo Sciascia, Un classico del giallo italiano?, Ariccia RM, Aracne Editrice 2009


LIETTA TORNABUONI
(Pisa 1931 - Roma 2011  /  Giornalista e critica cinematografica)
Sciascia amava il cinema come spettatore, era nostalgico delle antiche ombre bianconere dei film muti, pronto a commuoversi per il recente “Nuovo cinema Paradiso” nel ricordo sentimentale dei piccoli cinematografi paesani di Sicilia. Ma lavorò un’unica volta come sceneggiatore, per “Bronte” di Florestano Vancini, e non voleva aver parte nella realizzazione dei film tratti da sue opere, restava scettico e distaccato quanto rispetto al teatro: «C’è molto dialogo nelle mie cose: e a un certo punto ho sentito il bisogno di scrivere per il teatro. Mi sono imbattuto nel regista, questa mediazione devastatrice (devastatrice dei testi) mi ha sconvolto, mi ha allontanato… Ora lascio che altri ridica le mie cose per il teatro. Con molta indifferenza: come nei riguardi del cinema».

(in Nuovi Argomenti, Gennaio/Marzo 1990)


GIUSEPPE TRAINA
(Catania 1963  /  Critico letterario e docente universitario)
Leonardo Sciascia ha saputo leggere come scrittore la realtà italiana del dopoguerra, i suoi mali e le sue più evidenti distorsioni, dalla mafia al trasformismo politico, dal terrorismo al delitto politico, innovando la tradizione del romanzo giallo e del romanzo-inchiesta; amato dal pubblico dei lettori per il suo stile e per l’impegno intellettuale dei suoi libri, è stato anche un notevole saggista e polemista.


ANTONELLO TROMBADORI
(Roma 1917 - 1993  /  Giornalista, critico d’arte e politico antifascista)
E il silenzio a cui lo avevano costretto gli eroi dell’antimafia. Che in questo sono pienamente riusciti: non nel battere la mafia, più che mai trionfante, ma nell’imbavagliare colui che ci aveva insegnato a conoscerla. Anche se lui frenava la mia impazienza: vedrai mi diceva, si impiccheranno con le loro mani. E se il rappresentante più significativo di quel “professionismo dell’antimafia” che tanto lo aveva offeso, era lì al suo funerale, con la fascia tricolore del magistrato municipale della capitale dell’isola, c’è solo da concludere che Sciascia è risultato vittorioso.

(in Nuovi Argomenti, Gennaio/Marzo 1990)


MANUEL VAZQUEZ MONTALBAN
(Barcellona, Spagna 1939 -  Bangkok 2003  /  Scrittore)
Sciascia era il risultato dello scrittore che affronta il disordine della realtà, che cerca di decodificarlo, e riordinarlo servendosi dell’architettura letteraria, sia attraverso la finzione sia attraverso un discorso analitico implacabile.

(in Panta n. 27, Milano, Bompiani 2009)


VALTER VECELLIO
(Tripoli 1954  /  Attivista, politico e giornalista)
Avere spirito critico, unico antidoto in un mare di retorica che minaccia di travolgerci: questo l’insegnamento che ci ha lasciato. Lo hanno bollato come vigliacco, complice della mafia, nemico dello stato, paraterrorista, di tutto. Dobbiamo essere lieti, pur nel grande dolore per la sua perdita, per aver condiviso un poco di quel “tutto”, con lui. Senza cercarla, ha sempre avuto ragione.  Questo è il “mio” Sciascia: l’uomo sorridente e mite che accettò di incontrarmi, poco più che ragazzo, e mi autorizzò a pubblicare una raccolta di scritti e interventi; e mi spiegò il significato dei “Promessi Sposi”, al di là della “lettura” scolastica, l’uomo che, dieci anni dopo sulla sua tomba a Racalmuto mi ha fatto piangere, ed ero riuscito a non farlo anche quando mio padre è venuto meno. Ora è facile tentare di omologarlo. Visto che non hanno potuto ingabbiarlo da vivo, vogliono inghiottirlo ora che è morto. Ci sono, per fortuna, i suoi libri, le opere. Fino a quando quei libri saranno letti, un po’ di Leonardo Sciascia continuerà a vivere con noi. Sciascia non è mai stato un intellettuale organico e questo non gli è mai stato perdonato. Si sentiva, ha raccontato più di una volta, come quel pesce volante descritto da Voltaire: quando emerge in superficie lo attaccano gli uccelli, quando è in acqua lo divorano i pesci più grandi. Una condizione tremenda ma bellissima.


UN VESCOVO
Nessuno, o pochi si accorgono che la irrequietezza di Sciascia corrisponde alla sua grande ansia di trovare da qualche parte la verità che a tutti i costi cerca. Non la trova e di conseguenza è scettico. A Sciascia manca la certezza della fede nel trascendente, ma non mi meraviglierei se ad un certo momento si sapesse che è diventato cristiano. È un po’ come l’Innominato: si porta dentro Dio senza saperlo.


GIANCARLO VIGORELLI
(Milano 1913 - Marina di Pietrasanta LU 2005  /  Scrittore e critico letterario)
A carte scoperte, senza preamboli, dirò subito che il nuovo libro di Leonardo Sciascia, “Il Consiglio d’Egitto”, finito di leggere in bozze e che andrà al pubblico questa settimana, è un capolavoro. È una parola anche pericolosa, ma per quel che può essere il mio rischio di critico militante sono pronto a pagarlo; per quel che investe invece l’autore, non vorrei che si pensasse ad un suo colpo di fortuna, come se questo secco, lucido, fulminante romanzo fosse dovuto al caso e non a tutto un lavoro spietato sulle radici, mentre se riaffermo che è un capolavoro è per confermare che Sciascia è andato ben al di là dei precedenti racconti. Il suo nome deve essere imposto definitivamente. Tra i pochi che contano, e dureranno.

(in Panta n. 27, Milano, Bompiani 2009)


STEFANO VILARDO
(Delia CL 1922  /  Poeta e scrittore)
Ho conosciuto Nanà – così lo chiamavano gli amici più vicini – nel lontanissimo anno scolastico 1936/37, quando una provvidenziale e veramente felice bocciatura mi fece compagno di banco e amico per la vita di un timido e impacciato ragazzo di un intelletto non comune.

(A scuola con Leonardo Sciascia. Conversazione con Antonio Motta, Palermo, Sellerio 2012)


CHRISTIAN VIREDAZ
(Oron-le-Chatel, Svizzera 1955  /  Giornalista svizzero)
Con Leonardo Sciascia ci lascia uno degli scrittori di maggior rilievo del dopoguerra e probabilmente di quell’“illuminismo siciliano” particolarmente impregnato della cultura francese del Secolo dei Lumi. Erede di Voltaire, ma anche di Stendhal e di Manzoni (al quale dedicò alcune delle sue pagine critiche più acute), Sciascia restò legato alla Sicilia e al paese di Racalmuto […] che immortalò nei suoi scritti con il nome di Regalpetra. Ma questo radicamento non impedì in alcun modo che le sue opere tendessero all’universale. Esse infatti sono profondamente legate sia all’opera dei più grandi pensatori e scrittori sia alla Sicilia come “metafora” del mondo e di quel torbido gioco che unisce indissolubilmente la ricerca del potere con la difesa dell’onore.

(Journal de Geneve, 21 novembre 1989, poi in Nuove Effemeridi n. 9, Giugno 1990)


VINCENZO VITALE
(Catania 1955  /  Magistrato, docente universitario e giornalista)
“Quelli che la pensano come me sono proprio quelli che non la pensano come me”; questo il tagliente e lapidario giudizio con cui Leonardo Sciascia aveva una volta per tutte smascherato i patetici tentativi di omologazione e, a volte, di strumentalizzazione delle opinioni da lui espresse nel corso delle più scottanti vicende politiche e civili degli ultimi anni.

(Il Giornale di Sicilia,  20 dicembre 1989)

GUIDO VITIELLO
(Insegna alla Sapienza di Roma. Collabora con il “Corriere della Sera”, “Il Foglio” e “Il Sole 24 Ore”)
[...] Incensato da Belpoliti (La Stampa, ndr), cosparso di mirra da Merlo (La Repubblica, ndr), al neonato quirinalizio mancava soltanto l’oro, ed è venuto da Parigi, o meglio dall’oltretomba. Le Figaro ha riportato che Leonardo Sciascia descriveva Mattarella come uno di quei siciliani “testardi, inflessibili, capaci di sopportare enormi quantità di sofferenza, di sacrificio”. Che sono sì parole di Sciascia, ma non riferite a Mattarella, ma bensì al Fra' Diego La Matina di “Morte dell’inquisitore”. Anche qui, delle due l’una: o Sciascia vedeva in Sergio Mattarella un redivivo La Matina, l’eretico che uccise il suo inquisitore (pare improbabile), o il povero redattore de Le Figaro ha trovato queste parole nel ritratto di Merlo, che le citava, e rintronato da tutti quei venti sciroccosi di sicilitudine romanzesca non ha capito più dove finiva l’uomo e dove cominciava il personaggio. Di questo pasticcio rivelatore non possiamo che essergli grati.

(Il Foglio, 7 febbraio 2015)


ELIO VITTORINI (1958)
(Siracusa 1908 - Milano 1966  /  Scrittore)
Leonardo Sciascia si distingue, tra i giovani scrittori meridionali, non solo per la moderna vivacità e ampiezza degli interessi e impegni culturali (narratore, critico, direttore di una delle poche riviste letterarie di valore che escono in provincia “Galleria”, e una collana di quaderni di prosa e poesia) ma per essere rimasto attaccato al paese , alla sua condizione di uomo del sud.

(in Il sereno pessimista, a c. di Antonio Motta, Manduria TA, Lacaita 1991)


LINA WERTMULLER
(Roma 1926  /  Regista)
È nel tempo che sarà molto triste fare a meno di lui.

 


(a cura di Giampiero Brembilla)

 


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